La cartella che non riporta il calcolo degli interessi sul debito tributario preteso è nulla, in quanto non consente al contribuente che l’ha ricevuta di verificare la correttezza della pretesa dell’amministrazione e quindi di difendersi adeguatamente.

A confermare questo interessante principio è la Cassazione con l’ordinanza 10481. La vicenda trae origine da un accertamento per maggiore Irpef notificato ad una contribuente. L’atto impositivo veniva impugnato nel merito e diventava successivamente definitivo, a seguito di sentenza irrevocabile.

L’agenzia delle Entrate procedeva così all’iscrizione a ruolo definitivo delle somme in questione e l’agente della riscossione notificava la cartella di pagamento, che veniva impugnata dalla contribuente.

Tra le eccezioni sollevate nel ricorso, veniva rilevato che l’atto non riportava l’indicazione dei criteri di calcolo degli interessi dovuti. Sotto questo profilo (e quindi limitatamente agli interessi) la Commissione regionale riteneva la cartella nulla. L’Agenzia ricorreva allora per cassazione lamentando, in sintesi, che non era necessaria alcuna esplicitazione dei criteri di calcolo degli interessi in questione per almeno due ragioni: essi sono rigidamente predeterminati per legge e poi la cartella viene redatta secondo un modello ministeriale che non prevede questa specifica.

La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Commissione tributaria regionale. In particolare, secondo i giudici di legittimità, la cartella di pagamento deve motivare gli interessi maturati sul debito tributario, in quanto il contribuente deve essere in grado di verificare la correttezza del calcolo.

Il principio espresso è importante e conferma quanto già enunciato in passato da alcune sentenze della Cassazione. Ad esempio, nella sentenza 5554/2017 i giudici di legittimità avevano ritenuto corretta l’interpretazione della Ctr secondo cui doveva essere annullata la cartella riportante solo la cifra globale degli interessi dovuti, senza indicare le modalità attraverso le quali si giungeva a tale importo, e non specificando neanche le singole aliquote prese a base delle varie annualità. È stato in quella circostanza ritenuto del tutto irrilevante il richiamo nell’atto impositivo all’articolo 20 del Dpr n. 602/73, secondo cui sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione ed al controllo formale della dichiarazione od all’accertamento d’ufficio si applicano, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte, gli interessi al tasso del 4 per cento annuo. Questo perché non è posta in discussione la spettanza degli interessi, ma proprio il modo con cui viene calcolato il totale riportato nella cartella.

Fonte: Il Sole 24 Ore